giovedì, Marzo 20, 2025

«I “grazie” sono destinati a vivere per sempre»

VOCI DAL TEATRO - La recensione dello spettacolo "Le gratitudini" andato in scena al Vaccaj fatta dalla redazione dell'istituto Filelfo di Tolentino

Il cast con la redazione di Voci dal teatro

Ormai da diversi anni l’IIS Filelfo di Tolentino in collaborazione con Compagnia della Rancia e Cronache Maceratesi Junior porta avanti il progetto “Voci dal teatro”, volto alla sensibilizzazione del linguaggio teatrale da un lato e alla valorizzazione delle eccellenze dall’altro. In particolare una redazione scelta, composta da sei studentesse del liceo classico e scientifico, partecipa agli spettacoli della stagione del Teatro Vaccaj di Tolentino in posti riservati, e scrive una breve recensione, arricchita spesso da interviste agli attori. Il progetto vede coinvolti Alessia Reggio, Anita Parrini e Virginia Bagalini della 4A Scientifico, Emma Pucciarelli, Emma Migliorelli e Sofia Baldassini 3B classico sotto la guida e la supervisione delle docenti referenti del progetto, Cristina Lembo e Sandra Cola.

di Virginia Bagalini e Anita Parrini

Le Gratitudini, un adattamento dell’omonimo romanzo di Delphine De Vigan, è lo spettacolo andato in scena domenica 9 febbraio al teatro Vaccaj a Tolentino.
Il regista Paolo Triestino, dopo aver letto la storia, non ha potuto non tradurla in scrittura teatrale apportando piccole modifiche. La più rilevante è forse la sostituzione della direttrice della Rsa con una figura maschile dal duplice ruolo: direttore, ma anche ufficiale nazista negli incubi che perseguitano Michka, la protagonista.
Quest’ultima, ormai anziana e malata di afasia, ha ancora vivo dentro di sé il trauma legato alla perdita dei genitori deportati e mai più tornati a causa delle leggi razziali. Prima di essere affidata a una zia, era vissuta per qualche anno da due sconosciuti non ebrei che avevano accettato di proteggerla. Il rimpianto di non essere mai riuscita a ringraziarli l’aveva tenuta in gabbia per la vita intera, fino a quando, in virtù anche alla tenacia e all’impegno di chi le stava vicino, era riuscita finalmente a trovarli e dire loro “Grasse”, riacquistando la pace e la libertà.
«È uno spettacolo che tocca tutti i registri» dice l’attrice Carmen Di Marzo; ed è innegabile: lo spettacolo affronta una vasta gamma di temi significativi, come la malattia, la Shoah, l’anzianità e la gravidanza, temi che, pur trattando sfaccettature diverse della vita umana, si intrecciano tra loro in modo potente e significativo. Nonostante il racconto si sviluppi attraverso soli quattro personaggi, che non lasciano mai il palco, l’intensità e la complessità delle dinamiche interpersonali non smettono mai di affascinare: il cuore pulsante dell’intera narrazione è rappresentato da Michka, il perno attorno al quale si muovono e si sviluppano le storie di tutti gli altri, esaltando il suo ruolo centrale anche nelle situazioni più intense e nei momenti di maggiore introspezione.
La scenografia, animata solo da gabbie, risulta minimale, ma di una potenza inaudita.
«L’idea di una vita che pian piano si rinchiude: la gabbia ha un enorme valore simbolico, ognuno ci vede una cosa diversa, per me è questo»: con queste parole il regista ha chiarito il motivo di tale scelta, ma forse è proprio la soggettività con la quale viene vissuta la storia a renderla magica.
Tra incubi e ricordi, a lasciare un’impronta profonda che colora lo spettacolo lungo tutta la sua durata è la gratitudine.
Perché nonostante l’incedere del tempo, la perdita di memoria, gravidanze indesiderate e pazienti curiosi, nonostante lo sbiadirsi di tutto ciò che la mente acquisisce in una vita, i “Grazie”, quelli detti e quelli che si depositano nel cuore come rimpianti, rimangono brillanti e destinati a vivere per sempre.

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