
di Carlo Torregrossa
Un uso più consapevole dei media digitali e delle tecnologie che oggi abbiamo a disposizione per un utilizzo più consapevole e critico è stato il tema dei due incontri promossi nell’ambito del corso di Sociologia dei consumi e dei media digitali, offerto dall’Università di Macerata, tenuto dal docente Giacomo Buoncompagni.
«Dobbiamo riuscire a comprendere le logiche dei media, come i media si comportano – afferma Buoncompagni – Non si tratta solo di utilizzarli, di creare un account, piuttosto che fare un post, ma ragionare che cosa comportano queste azioni. Bisogna capire, e non solo fare».

Tante le voci degli esperti e delle esperte che all’interno dei due seminari si sono alternate, dando la possibilità alle studentesse e agli studenti di comprendere al meglio quali possono essere i rischi dei media, ma soprattutto sottolinearne «e enormi potenzialità. – evidenzia Buoncompagni, – Questo attraverso le voci di esperti e colleghi che aprono le porta ad un apprendimento che va oltre al classico programma didattico».

Il digitale rappresenta un utile strumento di lavoro, i social sono determinati «soprattutto per la velocità della comunicazione – sottolinea Marco Porcu, responsabile dell’Ufficio Comunicazione del Comune di Ancona – I canali social hanno permesso alla comunicazione emergenziale (incidenti, strade chiuse, evacuazioni, o altri pericoli ndr) di essere molto più veloce e utile al pubblico». Porcu ha evidenziato i vantaggi del digitale che però nasconde anche delle criticità, la profilazione sicuramente è uno di questi. Che fine fanno i miei dati online? Come vengono trattati? E soprattutto chi li protegge? Posso anche essere vittima di violazione della mia identità digitale, che è «come se ti frugassero nella borsetta» afferma Annalisa Plava, assegnista di ricerca all’Università di Bologna, dove cura un progetto sulla sicurezza digitale

«La tecnologia ci supporta sicuramente nella quotidianità, dall’altra parte ci sono delle ombre. I nostri dati forniscono ai criminali delle opportunità pari a quelle dello scippo – sottolinea Plana, – attualmente l’Europa è il paese maggiormente bersagliato dai furti di identità, ma il 92% delle persone non denuncia, nascondendo un forte senso di vergogna sociale, (…) e il 62% delle vittime non chiede nemmeno aiuto. Questo perché ritengono le autorità lontane, o temono lo stigma».
Piana, attraverso un intervento interattivo con sondaggi, quiz, gruppi di lavoro e infografiche, ha cercato di far ragionare le ragazze e i ragazzi presenti in aula sulle luci e le ombre del digitale. Luogo nel quale «tendo sempre di più ad essere chiuso all’interno della mia bolla – afferma Alessandra Pierini, giornalista professionista – Spesso si tende ad informarsi su quegli articoli che sono suggeriti dall’algoritmo, che rappresentano un universo molto limitato. Bisogna andare a cercare anche chi dice il contrario di ciò che penso, e non cercare per forza quello che conferma la nostra idea».

«Chiunque approccia ad una macchina (chatbot, come ad esempio chat Gpt ndr) è profilato – le fa eco Francesco Orazi, professore dell’Università politecnica delle Marche, – La macchina amplia il mio pensiero, rispondendo a me e a tutte le mie idiosincrasie, e follie. La macchina tende a restringere l’ampio spettro del pensiero umano in un linguaggio restrittivo e limitato».

Un ciclo di incontri con esperti ed esperte del settore che sicuramente ha permesso alle studentesse e agli studenti dell’Università di Macerata presenti, di potersi interrogare e ragionare insieme sui temi che riguardano il digitale. Le sue peculiarità ma anche le sue problematicità, che vanno intese per poter utilizzare al meglio questi strumenti che evolvono così velocemente nel tempo.