mercoledì, Aprile 30, 2025

Macerata Racconta la giustizia riparativa «Si creano relazioni che hanno un nuovo valore»

Il laboratorio, promosso da Unimc, si è svolto ieri pomeriggio al liceo classico linguistico "Leopardi" nell'ambito del festival letterario

La professoressa Lina Caraceni

di Carlo Torregrossa 

A Macerata Racconta va in scena la Giustizia riparativa. Le protagoniste e i protagonisti sono stati ieri pomeriggio gli alunni e le alunne del liceo classico e linguistico Giacomo Leopardi di Macerata. L’evento è stato curato dai Dipartimenti di Studi umanistici e giurisprudenza dell’Università di Macerata.
Le studentesse e gli studenti, hanno dato seguito al caso del capotreno aggredito da un ragazzo di diciassette anni
«Il caso che affrontiamo oggi: il diciassettenne che rompe il vetro del treno con un estintore produce oltre al danno, anche sofferenza, perché il treno è un bene di tutta la comunità» ha sottolineato la professoressa Lina Caraceni, aggiungendo come possa esistere un diverso approccio per la risoluzione a questi, e altri comportamenti. «Un approccio diverso è offerto dalla Giustizia riparativa – afferma – Un modo di affrontare diversamente il danno, invitando tutte coloro e tutti coloro che sono coinvolti a trovare un accordo e una soluzione».
«Un approccio di giustizia riparativa è stato adottato per la tragedia di Corinaldo (quando sei persone sono rimaste uccise, uscendo da una discoteca ndr) . – Le fa eco la professoressa Paola Nicolini – Si cerca di cambiare prospettiva, e adottare un pensiero con una modalità differente. Uscendo dallo schema: io ho torto, tu hai ragione».

Alcune delle studentesse del Liceo Classico e Linguistico

Le ragazze e i ragazzi si sono divisi in 5 gruppi, che si immedesimavano rispettivamente nel diciassettenne, nei passeggeri del treno che hanno assistito all’aggressione, nella capotreno, negli amici del diciassettenne e in fine un gruppo di ragazzi componeva la redazione giornalistica, coordinata da Alessandra Pierini e Benedetta Smargiassi.
I reporter si sono occupati di strutturare le interviste da fare ai vari soggetti coinvolti all’interno della vicenda, effettuare le domande, e in fine scrivere un articolo per un giornale online per approfondire l’accaduto, segue il testo scritto dalle studentesse e gli studenti.

Questo l’articolo scritto dai partecipanti al laboratorio sull’episodio verosimile ma non realmente accaduto.

«Ho aggredito la capotreno lo ammetto, non ho pensato alle conseguenze del gesto» Sono le prime parole del diciassettenne che ieri si è scontrato verbalmente con una capotreno e gli altri passeggeri e che lanciando due estintori, ha scatenato il panico nel convoglio.
Il ragazzo è pronto a risarcire i danni e ad un confronto con la capotreno, che pare a sua volta disponibile. «Ero impaurita – dice – ma ho cercato di gestire la situazione al meglio anche per calmare gli altri viaggiatori.»

L’episodio ha evidenziato il problema della sicurezza sui treni. «Già prima non ci sentivamo sicuri a viaggiare da soli – dichiarano gli altri passeggeri – ora però ancora meno. Servirebbero più controlli di sera e un carabiniere per ogni treno.»
È vero però che ognuno può fare la sua parte è c’è una responsabilità collettiva nel prevenire episodi di questo genere. «È già successo in passato che si agitasse – raccontano gli amici del diciassettenne – ma non pensavamo potesse arrivare a questo punto.»
Il ragazzo dichiara di non essersi sentito ascoltato e compreso e che non era la prima volta che provava questa sensazione con adulti e autorità, è importante quindi garantire la sicurezza dei treni, ma anche pensare di risolvere il problema alla radice, coinvolgendo tutti i soggetti interessati e i lavoratori del settore.

***

Per concludere secondo la giustizia ripartiva tutti coloro che hanno subito (direttamente o indirettamente) il danno devono riflettere su come affrontare le conseguenze di quanto subito o accaduto. Rompendo dunque gli schemi tradizionali della giustizia classica che prevede che, a un danno, corrisponda una punizione.
Secondo le logiche della giustizia riparativa si dà vita «a nuove relazioni – ha dichiarato Caraceni – perché quelle vecchie non esistono più, ormai si sono rotte, ma se ne creano delle altre, che hanno un nuovo valore. Questo approccio è molto simile alla tecnica giapponese del Kintsugi, che consiste nel riparare degli oggetti rotti con qualcosa di molto prezioso, come ad esempio l’oro. La giustizia riparativa funziona così, ci sentiamo di avere lo stesso vaso, anche se non è lo stesso dal quale siamo partiti».

La professoressa Lina Caraceni

La classe del Liceo Classico e linguistico partecipante al laboratorio sulla giustizia riparativa

 

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