di Davide Morresi, Giacomo Marcolini e Michele Antinori*
Pericolo movida tra giovanissimi sul litorale, la parola ai protagonisti. Non sono solo le famiglie ad essere spaventate dalla deriva di violenza che riguarda alcune città della costa adriatica, anche i giovani che frequentano i locali nel fine settimana raccontano episodi di aggressione e di paura.
«Ultimamente, nelle città portuali delle Marche come Porto San Giorgio e Civitanova, sembra di essere dentro una serie tv, ma senza il finale figo: risse vere, botte, gente che va in giro solo per menare – dicono tre ragazzi di un liceo di Macerata – Il tutto parte spesso da un’occhiata storta in discoteca, una parola di troppo fuori da un locale e scatta la rissa».
A quanto pare però non si tratta della classica scazzottata da film: ci sono gruppi veri, baby gang organizzate, ragazzi anche giovanissimi che escono solo con l’idea di “fare casino”, cercare guai e menare le mani tanto per divertirsi.
«Si trovano su Instagram o in chat private, si danno appuntamento nei punti caldi, piazzette, parcheggi o direttamente davanti ai locali – proseguono i ragazzi – e poi comincia lo show. Non serve nemmeno un motivo: a volte basta uno “spintone per sbaglio” e giù calci e pugni. Intorno, la solita folla che filma tutto col telefono, ride, posta sui social, come se fosse un episodio da condividere anziché un problema vero».
Un caso simile è capitato a dei ragazzi di Macerata che si trovavano a Porto San Giorgio. Come riferito dai ragazzi intervistati, che non avrebbero denunciato il fatto per paura di ripercussioni personali «Siamo stati aggrediti senza motivo nella zona del lungomare da dei nostri coetanei – raccontano i tre – tutto è iniziato con una spallata provocatoria e da un successivo scambio di insulti. Ci hanno poi inseguiti e un altro scambio di offese ha portato definitivamente alla zuffa. Nel frattempo il gruppo locale era aumentato in numero e ce la siamo vista brutta, per fortuna siamo riusciti ad andarcene rimediando solamente qualche insulto e calcio».
Il problema sembra essere quello di una violenza che non nasce da rabbia vera, ma da noia, bisogno di sentirsi forti, farsi vedere, entrare in qualche gruppo “che comanda”.
«I locali notturni ormai sono diventati come arene – concludono gli studenti – I buttafuori fanno quello che possono, ma spesso è fuori che succede il peggio. E non è solo “gente di fuori”, sono ragazzi del posto, spesso studenti, che magari il giorno dopo siedono nel banco accanto al tuo, ma la sera prima erano in giro a cercare di “fare il botto”».
Un tipo di divertimento che non ha nulla di figo: solo feriti, denunce, e la sensazione che ci si stia abituando troppo facilmente all’idea che fare a botte sia normale.
«Quello che manca è qualcuno che dica “basta” per davvero – concludono i protagonisti – che non sia solo la polizia che arriva dopo, ma la gente stessa, i ragazzi che iniziano a guardarsi intorno e a dire: “Ok, forse abbiamo superato il limite”».
*Articolo prodotto da Lorenzo Gentili e Tommaso Iannelli, studenti della classe di comunicazione IIC del Liceo classico G. Leopardi di Macerata, all’interno del progetto di linguaggio giornalistico curato dal giornalista Marco Ribechi