giovedì, Maggio 1, 2025

Il diario di Costantino Quattrini, sopravvissuto nello Stalag: «Mi salvai per miracolo da una bomba»

MONTECOSARO - Padre di Ezio Quattrini e nonno di Federico de Marco, racconta i giorni della sua prigionia all'interno del campo di concentramento. Una testimonianza assolutamente da leggere, che rappresenta un racconto diretto di quanto accadeva all'interno di quei luoghi

 

Pagina del diario di Costantino Quattrini

di Carlo Torregrossa

Ripercorrere le testimonianze e rivivere le atrocità del campo di concentramento attraverso gli occhi o, per meglio dire, le parole di un ex internato, uno dei pochi che ha fatto ritorno. Parliamo di Costantino Quattrini di Montecosaro. Nonno di Federico De Marco e padre di Ezio Quattrini, il quale mettendo in ordine la sua abitazione, ha ritrovato il diario di quando il padre fu catturato dai tedeschi, durante la seconda guerra mondiale. In uno dei passaggi possiamo leggere il terrore che avvolgeva quei momenti, come quando Costantino racconta di essersi salvato per miracolo da una bomba: «Ad un tratto un pensiero mi balenò nella mente e cioè di spostarmi circa due tre passi più avanti e appoggiarmi dietro un angolo. Non appena fatto questo spostamento, una bomba di grosso calibro cadde proprio nel punto dove ero prima».

Costantino Quattrini

Resistere nello Stalag XIII C. Diario di prigionia di un sopravvissuto alla deportazione nazista è il libro che racconta la drammatica storia di un prigioniero di guerra, rinchiuso all’interno di un campo di concentramento.
«Lo stalag è un campo per sottufficiali e truppe, a volte con baracche per ufficiali. Ogni stalag poteva avere alle sue dipendenze 300 (…) comandi di lavoro: fattorie, fabbriche, o miniere dove i prigionieri lavoravano e venivano sorvegliati» spiega nella postfazione del volume, lo storico Vito Carlo Mancino.

Cinquanta pagine di diario, attraverso le quali possiamo leggere tutte le atrocità che avvenivano all’interno di questi luoghi, attraverso la testimonianza diretta di Costantino.
Quattrini inizia a scrivere queste pagine il giorno del suo internamento: «Il 13 settembre 1943, ci portarono subito concentrati in un campo a Massa Carrara» scrive Costantino all’interno del suo diario ed è proprio in quel momento che ha inizio il suo calvario.

Una foto di Costantino Quattrini da giovane

Nelle pagine viene raccontata la paura, la fame, il freddo e il dolore, con estrema lucidità e chiarezza anche nei dettagli.
Sembra di vedere le scene che vengono descritte davanti ai propri occhi: «La fame era il tormento più crudo, il desiderio di fumare quattro boccate era un miraggio. Il tormento degli animali parassiti che si erano propagati in un baleno sui vestiti e su tutte le parti del corpo divennero il nostro tormento più grande». Questo è solamente uno dei tanti passaggi del diario, che descrivono le atrocità della prigionia, che ebbe anche un prezzo altissimo per Costantino, che arrivò persino a perdere 3 dita, mentre lavorava nella segheria.
Ma l’episodio che rimane nella memoria è la morte dell’amico e compagno Giuseppe Fava per mano dei soldati tedeschi. Come se non bastasse, Costantino fu anche costretto a scavare la buca per seppellirlo.

Oltre al freddo, alla fame e alla fatica, si racconta anche il terrore delle bombe, quelle che gli alleati gettavano, contro la Germania nazista. Bombe che però causavano problemi anche ai prigionieri dello Stalag: «(…) Il frastuono delle bombe mi sembrava che aumentasse e ogni volta che sentivo i loro fischi mi gettavo a terra come morto, trattenendo anche il respiro» scrive Quattrini.
Il diario ci narra anche di qualche momento confortante, come quando a gennaio ai prigionieri venne fornita della carta per poter scrivere ai propri cari e, a primavera, arrivarono così i primi pacchi, che di certo allieteranno la sofferenza.

Copertina di: “Resistere nello STALAG XIII C. Diario di prigionia di un sopravvissuto alla deportazione nazista”

Il libro, in un certo senso ci dona anche speranza, in quanto Costantino ci racconta anche della sua liberazione. «Un giorno in patria tornerò e nella mia casetta felice io sarò» recita un verso delle due canzoni che Costantino scrisse assieme agli altri prigionieri e che si trovano alla fine del libro.
Costantino fu liberato assieme agli altri compagni di prigionia dagli americani, che offrirono loro da mangiare e sigarette. Successivamente, attraverso un viaggio
rimediato e, totalmente di fortuna riesce a raggiungere la sua Montecosaro, dove ha potuto così riabbracciare i suoi cari.

Un racconto che regala una testimonianza preziosa e importante, per comprendere le sofferenze e le atrocità della Seconda guerra mondiale, ma soprattutto per non dimenticare mai quanto accaduto. Un racconto in prima persona di quella che fu una pagina nera della nostra storia mondiale.

Federico de Marco, nipote di Costantino Quattrini

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