
di Carlo Torregrossa
In questi giorni sembra essere tornato il caldo torrido che nelle scorse settimane sembrava averci abbandonato. Ma a cosa è dovuto questo caldo anomalo? In futuro sarà sempre peggio? Che cosa possiamo fare per aiutare il clima e invertire questa rotta? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Passerini, climatologo e professore all’Università Politecnica delle Marche.
Professore, il caldo di questi mesi è considerato un caldo anomalo? Il quadro della situazione è preoccupante?
«Il quadro è terribilmente preoccupante. Noi oggi abbiamo la certezza che la terra si sta riscaldando, il tasso di aumento della temperatura è costante. Questo aumento è dovuto ai gas serra, soprattutto al metano e alla Co2 (Gas incolore e inodore, detto genericamente anidride carbonica)
Uno degli effetti del cambiamento climatico sono gli eventi atmosferici estremi. Non mi riferisco solamente al caldo torrido, ma anche alle inondazioni improvvise e anche eventi terribilmente simili agli uragani, che vengono denominati Medicane, ovvero Mediterranean Hurricane, molto simili agli uragani che avvengono all’interno delle zone tropicali. Questo avviene perché l’acqua del Mediterraneo si sta scaldando come quella delle zone tropicali, questo riscaldamento del mare, crea fenomeni che prima erano peculiari delle zone tropicali. Una cosa certa è che anche riducendo i gas serra al minimo, per i prossimi venti, trent’anni si avrà un grande e costante aumento delle temperature.»
Che cosa si può fare per cercare di arginare questo fenomeno?
«Occorre pensare come quando si sta in guerra. Serve tattica e strategia: La tattica è arrivare a emissioni di gas serra e in particolare emissioni Co2 più vicine possibili allo zero, la strategia è tenere conto di ciò che nei prossimi anni succederà, ossia la costante e crescente ondata di calore. Con la conseguente presa di coscienza di quello che questo comporta, ovvero il verificarsi sempre più spesso di eventi atmosferici estremi.»

Ma come si fa a prevedere il tempo?
«Il nostro gruppo di ricerca si occupa di inquinamento atmosferico e meteorologia, la nostra attività principale sono i così detti modelli, ossia quei sistemi che ci permettono di provare a prevedere il tempo e anche gli episodi acuti di inquinamento atmosferico. Il collo di bottiglia dell’inquinamento ambientale è il meteo, quando si verificano d’estate particolari condizioni metereologiche l’inquinamento tende ad aumentare.»
Come funzionano questi modelli?
«Questi modelli sono scritti utilizzando un linguaggio di programmazione (linguaggi artificiali progettati per trasmettere le istruzioni a un computer ndr) Per far funzionare questi modelli si utilizzano delle equazioni, che sono comuni equazioni che ci insegnano alle superiori utilizzate ad esempio per calcolare la quantità di moto o la conservazione della massa e dell’energia. Dopo di che queste equazioni sono inserite (attraverso il linguaggio di programmazione) all’interno di calcolatori molto potenti. Questi calcolatori acquisiscono gli input, come i dati che prendono dai satelliti o dalle centraline e, una volta acquisite tutte queste informazioni ci rilasciano gli output, e quindi le previsioni, che possono essere per sei ore, ma anche per uno due giorni. Potrebbero riuscire anche a prevedere quelle di mesi. Ovviamente in quel caso ti danno la probabilità. Quindi ad esempio, a settembre la probabilità che piova e di un certo punto percentuale.
All’interno di questi modelli molto complicato da inserire è l’acqua, che in atmosfera si presenta in differenti stati: solido, liquido e gassoso. I modelli che in passato hanno trovato il modo di inserire questo elemento sono migliorati notevolmente per quanto riguarda la qualità dei dati in uscita.
Questi modelli utilizzano anche come dati lo storico degli eventi climatici degli ultimi trent’anni, il problema è che quello che sta avvenendo adesso non è paragonabile a quello che è successo negli ultimi anni, per via del cambiamento climatico. Attraverso il gruppo di ricerca, ci siamo anche accorti che specifiche zone risentono molto di più rispetto ad altre di questi cambiamenti, una di queste è il Mediterraneo. Zona, tra l’altro molto piccola ma anche molto complessa, ci sono zone molto più aride, altre molto più piovose e così via. I modelli vengono sviluppati per funzionare ovunque, ma più la zona è complessa, più li mettiamo sotto stress. Diciamo che tutto il mondo scientifico attualmente è a lavoro per cercare di comprendere che cosa succederà nei prossimi anni.»

Perché all’interno delle città è sempre più caldo? Le aree verdi possono aiutare a diminuire le temperature?
«Questo è un tema che stiamo affrontando con l’ingegnera Alessandra Chiappini (Dottorato di ricerca a UniVpm ndr) . Quello che avviene nelle città è un fenomeno chiamato Isola di calore urbana. I tipi di materiali che utilizziamo per costruire le città, come l’asfalto, marciapiedi, tutti gli ambiente costruiti che abbiamo intorno, assorbono molta energia solare. Questo provoca più surriscaldamento, Vuol dire che una città può avere temperature di cinque o sei gradi superiori a quelle dell’ambiente circostante. Inoltre, c’è anche da dire che all’interno dei nostri centri storici non ci sono aree verdi, noi siamo abituati ad avere il verde fuori dal centro, quello che però succede è questo fenomeno di surriscaldamento. Inoltre, le frequenti calamità naturali provocano danni strutturali alle aree verdi, ad esempio cadono alberi o rami? Molti sindaci in diverse città prendono la decisione di abbatterli tutti per evitare che si possano creare problemi come ulteriori crolli di rami o arbusti. Quindi anziché curare il verde, ogni volta che un albero cade ne buttano giù venti; dunque, è un serpente che si morde la coda».
Dunque, servirebbero più aree verdi, soprattutto all’interno delle città?
«Il verde, anche quello incolto è una risorsa preziosa per la città. I sindaci dovrebbero piantare più alberi, servirebbero delle piazze con del verde all’interno delle città, raramente vedo piantare sul serio. È necessario scegliere determinate piante, che vanno anche monitorate, invece di abbattere gli alberi oggi ci sono dei sistemi di monitoraggio, anche non invasivi, che allo stesso costo di abbattimento permettono di valutare la salute della pianta, così da evitare di abbattere il verde all’interno delle città.
Un concetto molto importante, che si è sviluppato in paesi come Germania e Norvegia sono i tetti verdi, una pratica dove si pianta sopra i tetti delle case. Queste piante hanno una bassa manutenzione e necessitano solamente di poca acqua. Questo permette di abbassare le temperature, anche in casa».
Le nuove generazioni possono fare qualcosa riguardo al clima?
«Le nuove generazioni sono fondamentali. Questa generazione è la prima che ha la consapevolezza di queste tematiche. Io sono molto contento del fatto che a mio figlio, già alle medie insegnano il cambiamento climatico, bisogna sensibilizzare su questo tema, la prima cosa è la consapevolezza, i giovani devono farsi sentire in maniera pacifica ma si devono fare portatori di un messaggio, quello del cambiamento climatico.
Un’altra questione molto importante sono le competenze tecniche in ambito ambientale. Oggi c’è pochissima mano d’opera specializzata in questo settore che ha estremo bisogno di figure di riferimento in molti campi, dall’ingegneria all’economia fino alla scienza. Sono tra l’altro professioni sempre più richieste, se pensate possa interessarvi dedicatevi a questo.»
Qual è storicamente la tendenza climatica all’interno delle Marche?
«Quando parliamo di Marche, parliamo della zona del centro del Mediterraneo. Le Marche hanno un comportamento peculiare è regione che rispetto ad altre regioni è più fresca, questo perché è orientata verso Nord. Quindi sono esposte a venti che vengono giù dalle montagne. Adesso Ci stiamo scaldando come il resto delle regioni italiane, ma prima partivamo meglio.
C’è da dire una cosa, le Marche in sé non esistono come clima, all’interno di questa regione ci sono tre fasce climatiche: litoranea, collinare (che risente meno delle brezze) e infine abbiamo la fascia montana, che ha un clima montano, come suggerisce il nome.
In ogni caso noi siamo messi meglio rispetto ad altre regioni siamo più freschi e meno esposti agli eventi alluvionali. Questo salvo casi eccezionali, infatti, il caldo sta arrivando anche qui e anche gli eventi alluvionali (pensiamo a Senigaglia).
Un’altra peculiarità del nostro territorio e che abbiamo le montagne acquifere ossia le montagne che ci circondano sono piene d’acqua. Tutta la nostra fascia montana è un percolatore d’acqua, grazie alla pioggia e alla neve, che quando si scoglie diventa acqua. Tutti questi liquidi vengono microfiltrati e diventando acqua di falda. All’interno delle nostre montagne c’è sei o sette volte l’acqua di un intero ciclo ambientale, è una sorta di un back up. Non è una peculiarità solo delle Marche, anche altre zone presentano queste caratteristiche».
Che temperature ci aspettano nei prossimi giorni?
«Tutti i modelli concordano sul fatto che da questo fine settimana arriverà il fresco. La prossima settimana (da lunedì 28) ci sarà un po’ di brutto tempo, quello su cui non concordano i modelli sono le precipitazioni. Uno dei modelli diche che pioverà qualche goccia sabato, un altro che pioverà da giovedì. Il mio consiglio? Se dovete prenotare l’ombrellone aspettate fino a sabato, domenica dovrebbe essere bel tempo.
Tutto questo evidenzia la difficoltà di lavorare all’interno di ambienti piccoli come la nostra area del Mediterraneo. Da una parte ce una grande bolla di caldo che copre il Sud del Mediterraneo ed è arrivata fino all’Emilia Romagna, dall’altro lato, a Nord Italia ci sono piogge torrenziali. Tutto questo crea la situazione per la quale l’unica cosa sulla quale concordano i modelli è che dalla settimana prossima ci sarà una circolazione fresca».