venerdì, Maggio 16, 2025

Dentro le carceri guidati da Daria Bignardi: «Ci illudiamo di poter tenere chiuso lì il male»

La scrittrice e giornalista ha presentato il suo ultimo libro dedicato alle prigioni sul palco di Macerata Racconta: «Mettono in luce la nostra umanità»

Sergio Labate e Daria Bignardi sul palco del cine-teatro Italia

di Carlo Torregrossa 

Il carcere ci riguarda, ed è importante parlarne per riuscire a metterci in comunicazione con quel mondo, che è tenuto distante da noi. «Credo che l’interesse riguardo alle carceri faccia bene a tutti» afferma Daria Bignardi che per l’ultima serata di Macerata Racconta ha presentato al Cinema Teatro italia il suo ultimo libri Ogni prigione è un isola, edito da Mondadori. Assieme a lei sul palco era presente anche il professore dell’Università di Macerata Sergio Labate

Il libro di Bignardi si apre con una sua seduta dallo psicanalista nella quale lei riflette su che che cos’è il carcere. Quest’ultimo è percepito come un luogo così lontano da noi, quando invece non lo è. «Il carcere è un istituzione pubblica come un ospedale» spiega Bignardi. Si può entrare in contatto con il penitenziario per diversi motivi, non solo da detenuto, ma perché magari si ha un parente o una persona reclusa. Spesso quando si parla di carceri le persone non si interessano, hanno di meglio a cui pensare, ma il carcere è qualcosa che ci riguarda e rappresenta anche un problema etico esistenziale: «All’interno del carcere è chiusa tutta la nostra illusione di tenere dentro quel luogo il male» sostiene l’autrice.

«All’interno del carcere l’essere umano è come illuminato a giorno, per citare Svjatlana Aleksievič – afferma Bignardi – Aleksievič raccontò nei suoi libri la caduta e il declino dell’Unione Sovietica, andando ad intervistare le persone comuni, io in tutti questi anni nei quali ho lavorato all’interno delle carceri ho voluto fare lo stesso». Perché dentro questi luoghi c’è tutta la nostra umanità: il carcere è maschilista, abitato da maschi, con regole per maschi, ma dove abitano anche le donne, che attualmente sono il 4% questo vuol dire che non ci sono progetti per loro, «il carcere è classista» ha detto Bignardi,  gli istituti di pena sono per la maggior parte popolati da stranieri, tossicodipendenti, piccoli ladruncoli che poi escono anche peggiori: «Gente che non ha senso rimanga dentro a diventare un criminale peggiore»: Bignardi ha riferito le parole di Luigi Pagano, un ex direttore di istituti penitenziari (fu per 40 anni il direttore di San Vittore) perché in molti casi il carcere rappresenta una vera e propria scuola di delinquenza.
Il carcere in qualche modo siamo anche noi, «rappresenta le nostre paure» afferma Bignardi». Carcere, può essere anche una condizione in cui noi ci sentiamo imprigionati: come ad esempio una malattia o un legame complicato

Daria Bignardi

Ma la prigione rappresenta in qualche modo anche un’isola e al suo interno ci sono codici ben precisi «sei protetto da tutte le contraddizioni, ma allo stesso tempo rappresenta un luogo che ti chiude» sottolinea Bignardi
«Il carcere è peggio della morte» Così l’autrice riporta le parole di alcuni detenuti di San Vittore, che parlando di Wanda Marchi affermavano di provare pena per lei.
Perché in carcere non si sta bene, in carcere si soffre e ad affermarlo non sono solo i detenuti ma guardie carcerarie, direttori di penitenziari, magistrati di sorveglianza.
Il carcere è un luogo estremamente complesso, di cui si parla poco, ma che ha tanto da insegnarci, e che dovremmo provare a comprendere.

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